Renzo Gubert replica alla lettera di Giorgio Tonini pubblicata sull’Adige del 24/09/2020.
Caro Direttore,
su l’Adige del 24 settembre è pubblicata una lettera di Giorgio Tonini che, visti gli esiti elettorali a Trento della lista Unione dei Democratici Cristiani, invita chi l’ha presentata a “lasciare andare”, come si dice di un moribondo in fin di vita, che non val più la pena cercare di mantenere in vita. Lei nel suo commento non è da meno, condividendo quanto scritto da Tonini: il suo consiglio quello di mettere quel simbolo dello scudo crociato in un “cassetto”. Le parole sue e di Tonini denotano un certo sadismo, quello di infierire su chi ha perso, su chi si è dimostrato debole, quello di “ridere” delle sue difficoltà. Che la prova fosse difficile per chi da poco tempo ha ripreso a far vivere la Democrazia Cristiana era chiaro e la prima sfida era quella di superare le divisioni prodotte in quasi trent’anni di storia recente. Si è costruita a livello nazionale la Federazione popolare dei democratici cristiani e si è concordato un simbolo e una denominazione comuni. La seconda sfida era quella di trovare trenta candidati disposti ad affrontare l’esame degli elettori. Pur con fatica essa era stata in qualche modo superata, contando anche sulla disponibilità di persone che non avevano messo nei loro programmi di vita l’impegno politico diretto, sia pure solo a livello comunale. Pure la terza sfida, quella di poter sostenere un candidato sindaco di coalizione, affine per storia e per programmi ai valori e ai programmi propri, era stata superata, con la disponibilità di Marcello Carli, già vicesegretario DC e poi consigliere regionale dell’UdC e vice-presidente nazionale dI un’associazione di imprenditori e dirigenti del mondo cattolico. Non è stata superata la sfida decisiva del voto, nonostate l’impegno dei candidati, per lo più giovani. Capisco che chi vede con fastidio la ripresa di un partito di esplicita e prevalente ispirazione cristiana dia interessati consigli a “lasciar perdere”, a chiudere tutto in un “cassetto della storia”. Dà fastidio che ci sia ancora qualcuno che vuole ispirarsi in politica al pensiero sociale cristiano nella sua integralità. Forse per un ex Presidente nazionale della FUCI può rimordere la coscienza militare in un partito che viola o rinuncia a tutelare diritti fondamentali dell’uomo, come il diritto alla vita, dal suo inizio nel grembo materno alla sua fine naturale; può rimordere la coscienza il militare in un partito che nulla ha da obiettare alla legalizzazione di pratiche di generazione di nuovi esseri umani, per volontà privati del padre o/o della madre naturali, al fine di soddisfare i desideri di coppie di omosessuali. E allora con sadismo si è soddifatti degli insuccessi di chi, invece, vuole tutelare sempre la vita umana e la famiglia naturale fondata sul matrimonio. C’è chi valuta una proposta politica sulla base dei consensi elettorali; se questi sono pochi, meglio cambiare, lasciar andare, mettere in un cassetto…… Ma c’è anche chi orienta le sue scelte politiche in base ai valori fondamentali della vita e non è disponibile a metterli tra parentesi per sostenere partiti o liste o coalizioni che hanno più consenso elettorale. I processi politici possono richiedere tempo per svilupparsi. La ripresa di un partito di esplicita e prevalente ispirazione cristiana, come è la Democrazia Cristiana, si misura in generazioni. E un segnale positivo di queste elezioni di Trento è che a tale ripresa non credono solo pochi anziani, che hanno vissuto i periodi belli della DC, ma anche dei giovani, attratti da un orizzonte di valori equilibrato e connotato da un profondo umanesimo. Ci sono anziani che quel periodo hanno messo nel “cassetto”, paghi di quanto hanno fatto e ottenuto. Dei 17 consiglieri DC della sua ultima legislatura provinciale chiusa nel 1993, solo due si sono iscritti alla DC di oggi. Nessun parlamentare di quelli di allora, neppure il sen. Giorgio Postal, figura eminente in stretto legame di collaborazione con Flaminio Piccoli, che per la ripresa della DC aveva combattuto fino alla morte. Il segretario politico di quel periodo, Paolo Piccoli, ha scelto altro, a sinistra, con gli eredi dell’allora avversario PCI. Tra la scelta ideale di coerenza con i valori un tempo proclamati e quella di una buona probabilità di ricompense in cariche concesse dai probabili vincitori, sostenitori del tradimento di valori non negoziabili, ha preferito la seconda. E il successo di poltrone lo ha avuto o lo avrà chi ha scelto a sinistra. Caro Direttore, i soci attuali della DC sono di un’altra pasta e non metteranno i loro ideali politici e umani in un “cassetto”.Cordiali saluti,
Renzo Gubert